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Mangiare in piena consapevolezza

lunedì, 03 luglio 2017 | Articolo di Franco Cucchio | 3 commenti

Un workshop di introduzione ai fondamenti del programma iEAT-MEPT Mindful Eating Professional Training che Motus Mundi promuove per l’autunno 2017.

A dimostrazione che la mindfulness non è un processo cognitivo, ma è una pratica che si fa con il corpo, ecco una giornata tutta dedicata al mangiare consapevole, perché mangiare – così come respirare – è una delle pratiche quotidiane che facciamo più di frequente, e per questo merita la nostra curiosità attenta, ma anche gentile e non giudicante.
“L’alimentazione consapevole coinvolge tutti i sensi e ci immerge nei colori, nella consistenza, nei profumi, nei sapori e perfino nei suoni del cibo e delle bevande.Ci permette di diventare curiosi e giocosi mentre osserviamo le nostre risposte alle sollecitazioni del cibo, e ai nostri segnali interni di fame e sazietà.” Jan Chozen Bays scrive così nel libro Mindful Eating (ed. Shambhala, 2009), e così Cinzia Pezzolesi e Alessia Minniti aprono il seminario, che si è tenuto sabato 29 aprile scorso.
 
Cosa vuol dire mangiare consapevolmente?
In che misura siamo in grado di essere consapevoli del senso di fame e sazietà che sperimentiamo ogni giorno? Quanto riusciamo a percepire i segnali che il corpo ci manda? Cosa raccontiamo a noi stessi quando mangiamo in modo automatico e distratto? Come possiamo riconnetterci con un gesto che ha mille implicazioni, sia sulla salute individuale, che quella del pianeta?
Sono tante le domande che insieme ad un gruppo numeroso di insegnanti e praticanti di mindfulness emergono nel corso della giornata. Scopriamo che non è affatto scontato essere connessi con le sensazioni che vengono dallo stomaco, che molte volte le ignoriamo o le fraintediamo totalmente. Emozioni e pensieri vengono interpretati come un segnale che ci induce a riempirci lo stomaco, consolarci con un dolce o a entrare in uno stato in cui non ci va giù niente.
Anche le sensazione che vengono dai nostri 5 sensi risultano essere molto spesso ignorate, presi come siamo dal fare tutt’altro mentre mangiamo: controllare le mail, guardare la tv o rimuginare sul lavoro che abbiamo da fare di lì a poco.
La mente e le emozioni ci portano via dall’esperienza del corpo, e a volte noi le inseguiamo per poi trovarci, a fine pasto, sorpresi di aver già finito oppure talmente sazi che lo stomaco ci fa male. Per non parlare dei momenti nella vita in cui seguiamo una dieta dimagrante (con tanti sforzi e a volte un certo senso di frustrazione) per poi ritrovarci, dopo qualche mese, ad aver riguadagnato tutto il peso perso inizialmente.


 
Cosa ha osservato la scienza?
Anche la scienza, come ci spiega Alessia Minniti, in questi anni ha studiato più in profondità i meccanismi che regolano il comportamento alimentare, soprattutto in relazione ai disordini alimentari - i “binge eating disorder”. In particolare, ci si è accorti che questi disturbi sarebbero dei tentativi di controllo inefficaci, tramite i quali cerchiamo di regolare le emozioni attraverso il comportamento (a), regolare il comportamento attraverso una rigidità cognitiva (b); o regolare le cognizioni attraverso il comportamento (c).
Quando cioè siamo poco in grado di comprendere la natura delle nostre sensazioni, siamo scarsamente capaci di prefigurarci le conseguenze del nostro comportamento sregolato a lungo termine e contemporaneamente cerchiamo una soddisfazione immediata alle nostre difficoltà – o tendiamo a far tacere pensieri ed emozioni difficili – in queste condizioni può accadere di entrare in un circolo vizioso che ci porta verso i disordini alimentari.
La mindfulness, con il suo approccio non giudicante, ci aiuta invece a disidentificarci da pensieri ed emozioni e a prendere contatto con le sensazioni corporee e i segnali che il nostro organismo ci invia.
E anche quando i segnali non sono necessariamente “piacevoli” o i pensieri e gli stati d’animo non sono facili da affrontare, la mindfulness ci aiuta nello sviluppare un atteggiamento di accettazione e di riconoscimento.
La ricerca scientifica entra poi nel merito dei meccanismi di “coping” che, invece di rappresentare una soluzione – come potrebbe sembrare a chi vive un problema di disordine alimentare – costituiscono invece la causa della cronicizzazione del comportamento disfunzionale. Argomento molto interessante, che verrà approfondito durante il primo modulo di formazione del professional training in partenza il prossimo ottobre 2017.
 
Portò alla bocca il primo boccone, non l’ingoiò subito. Lasciò che il gusto si diffondesse dolcemente e uniformemente su lingua e palato, che lingua e palato si rendessero pienamente conto del dono che veniva loro offerto - A. Camilleri,  "Il ladro di merendine".
 
Qual è un comportamento “mindful” in fatto di alimentazione?
Chi mangia consapevolmente, ci racconta Cinzia Pezzolesi, sa che non c’è un modo giusto o sbagliato per mangiare, ma molti livelli diversi di consapevolezza all’interno dell’esperienza del cibo; chi mangia in modo mindful impara ad accettare il suo modo di mangiare e dirige la sua consapevolezza a tutti gli aspetti del cibo, momento per momento. Comprende le conseguenze che nutrirsi consapevolmente ha su di lui/lei e comprende quanto questo possa significare in termini di salute (personale e dell’ambiente). Perché diventa consapevole dell’interconnessione tra la terra, gli esseri viventi e le culture, e capisce l’impatto che le scelte alimentari hanno su questi sistemi.
Chi comincia a mangiare consapevolmente, impara a sentire ciò che il corpo, il cuore e la mente stanno vivendo momento per momento; impara a restituire valore ad ogni fase dell’alimentazione: dalla scelta dei cibi durante la spesa, alla preparazione dei pasti, al loro consumo, alla fase di riordino degli strumenti e degli spazi. Perché anche tutte le esperienze indirettamente collegate al mangiare hanno una grande importanza, anche se la vita frenetica e distratta che facciamo non ci permette di rifletterci granché.

 


 
Come si fa a praticare il mindful eating?
Ciascuno dei partecipanti alla giornata di seminario ha poi sperimentato su di sé l’esperienza mindful eating: pranzando tutti insieme in silenzio e seguendo le indicazioni date, ognuno ha potuto osservare il proprio senso di fame prima, durante e al termine del pasto; ha potuto gustare i sapori dei cibi offerti e riflettere su pensieri e stati d’animo che scorrono mentre si porta alla bocca un cucchiaio di riso o un sorso di acqua.
“Io ho fatto caso che potevo respirare – ha osservato una partecipante – di norma ho i muscoli e lo stomaco contratti. Stavolta, respirando, potevo apprezzare davvero il cibo che avevo nel piatto”. Oppure: “ Sentivo che ero piena alla fine del pasto, ma non volevo rifiutare il dolce, perché è un peccato buttarlo via, e quindi ho deciso di fare quello che ho sempre fatto, anche per educazione”. Ancora: “Finalmente mi sono ascoltata: non ho mangiato il dolce – tanto mi sentivo già abbastanza sazia – e l’ho tenuto per stasera. È stato un  traguardo per me, sia perché ho ascoltato il senso di sazietà, sia perché non ho divorato tutto quello che c’era, come di solito”.
Ognuno dei partecipanti ha mangiato con tutto se stesso, facendo un’esperienza fresca e nuova del mangiare in presenza del proprio corpo, della mente e delle emozioni. Il risultato è un nuovo modo di ascoltarsi, un modo diverso di sentire sapori, profumi e consistenze, come se si stesse mangiando per la prima volta, o per l’ultima.
 
Motus Mundi, assieme a Cinzia Pezzolesi, Alessia Minniti e Cecilia Clementi propone il primo di due moduli di formazione per insegnanti di Mindful Eating in partenza a fine ottobre 2017. Per informazioni e per iscriversi, scrivere a info@motusmundi.it

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