Assaporiamo questo mandarino con attenzione e intenzione. Lo sbucciamo lentamente, focalizzandoci sul profumo che si sprigiona non appena incidiamo con le dita la buccia lucida. Un’esplosione di freschezza e di sentori di agrumi, che fanno venire l’acquolina in bocca, anticipando il piacere di godersi la polpa succosa, il sapore dolce e al tempo stesso aspro, che disseta e pulisce. Cosa sento a livello dei sensi? La vista che esplora gli spicchi arancio, le mani che rimangono impregnate del suo profumo penetrante, che persiste per un po’ e il corpo che si prepara a ricevere questo ennesimo dono della natura. Portato fin qui a Monte Ortone, vicino a Padova, dagli agrumeti del sud, nato da un albero e dalla terra, coltivato con cura, custodito e trasportato, reso disponibile per noi dal lavoro di decine di persone che hanno difeso, curato, aspettato, raccolto, distribuito e ordinato. Che hanno reso possibile questo semplice atto: portare alle labbra uno spicchio di mandarino.
E il mio stomaco, cosa dice di fronte alla possibilità di ricevere questo mandarino? Quanto si sente pieno? Come riesco a capire il livello di pienezza dello stomaco? E come mi comporto una volta che l’ho individuato?
È una delle diverse pratiche che fanno parte del Teacher Training iEAT MEPT, che Motus Mundi ha offerto a chi ha iniziato questo viaggio affascinante attraverso la Mindfulness applicata al mangiare.
Una relazione - quella tra noi e il cibo - che contiene moltissimi spunti di riflessione, condotti e accompagnati dalle docenti, Cinzia Pezzolesi, Alessia Minniti, Cecilia Clementi e da Franco Cucchio.
Un’anticipazione di ciò che avremmo approfondito durante il Training risale ad aprile, quando Cinzia Pezzolesi e Alessia Minniti hanno presentato il programma del training che prevede ora anche il secondo livello, previsto per ottobre 2018, assieme ad un nuovo primo livello per il prossimo gruppo di aspiranti teacher iEAT.
Fondamenti scientifici
Il programma iEAT MEPT trova le sue fondamenta scientifiche nella teoria del biofeedback e della sazietà specifica, che ci permettono di riconnetterci con il nostro senso di fame e sazietà; inoltre ci permettono di identificare gli stimoli esterni e quelli psicologici che attivano la decisione di mangiare (Hetherington & Rolls, 1996; Capaldi, 1996; Herman e Polivy, 2004). Le pratiche di mindfulness che sono inserite nel curriculum fanno riferimento alle conoscenze neuroscientifiche che riguardano la mindfulness e la regolazione delle emozioni e la resilienza (Goleman, 1988; Siegel, 2007). Inoltre, iEAT beneficia del contributo fondamentale di Paul Gilbert e Kristin Neff sulla compassione, come anche quello di Ken Goss sulle correlazioni tra compassione e sovralimentazione. Tra i contributi scientifici, infine, anche quello del movimento “Health at Every Size” che rimette in discussione gli assunti riguardo al peso corporeo “giusto”.
Struttura del programma iEAT
Il programma di 8 settimane che gli insegnanti iEAT offriranno ai gruppi di mindful eating - e che gli stessi nuovi insegnanti hanno esplorato durante il ritiro - parte da una immersione nella percezione sensoriale. L’utilizzo di tutti i sensi quando mangiamo e l’attenzione precisa e curiosa agli stimoli che vengono dal contatto con i cibi costituiscono la base della relazione con il nutrirsi che costruiamo nel corso della vita. Oltre a questo, è importantissimo rientrare in contatto con i meccanismi di autoregolazione quali la fame e la sazietà, ovvero il nostro collegamento con lo stomaco, che ci fornisce informazioni precise sui nostri bisogni di nutrimento.
Dallo stomaco al prendersi cura di tutto il nostro corpo, lavorando con l’intenzione di apprezzare e valutare il corpo non per il suo aspetto, ma per il grande supporto che ci dà, nel nostro cammino di vita.
Dallo stomaco e dal corpo il panorama si apre ad abbracciare le emozioni e come queste possono essere collegate al modo in cui ci nutriamo, in particolare quando (e se) siamo soggetti ad un “craving” - ovvero un desiderio incontrollabile di un cibo specifico, che cerchiamo e mangiamo in risposta ad uno stato emotivo.
Il mindful eating lavora sul riconoscimento della sensazione corporea collegata ad uno stimolo sensoriale; dalla sensazione corporea esplorata, allo stato d’animo che la accompagna, ai pensieri che emergono di conseguenza. Imparare a cavalcare l’onda del desiderio incontrollabile di cibo (craving) senza negarlo e senza cedere automaticamente ci consente di creare lo spazio sufficiente per imparare qualcosa su di noi e sui nostri meccanismi, avvicinandoci con rispetto alle nostre emozioni più profonde.
La seconda parte del curriculum è dedicata quindi alla compassione e alla autocompassione, che ci permette di prenderci cura di noi stessi anche quando ci troviamo in difficoltà. Le pratiche offerte ai partecipanti sono tutte incentrate sul riconoscimento, sull’empatia e sul perdono di sé, oltre gli ostacoli che possono emergere di volta in volta.
Il Centro di Mindful Eating (TCME) descrive una persona che mangia con consapevolezza come una persona che riconosce che non c’è un modo giusto o sbagliato di mangiare, ma molti livelli di consapevolezza relativi al cibo; che accetta il suo personale modo di mangiare; che si allena ad essere presente quando mangia.
Di conseguenza può riflettere meglio sul mangiare in modo inconsapevole; per sviluppare armonia in relazione al mangiare e diventare maggiormente attento all’interconnessione tra terra, esseri viventi, culture e impatto che le scelte alimentari hanno su questi sistemi.
Il training per insegnanti (così come il corso di 8 settimane offerto dagli insegnanti in futuro) è essenzialmente esperienziale. Rimane fondamentale sostenere ed accompagnare l’esperienza con letture e studio; così come risulta determinante la condivisione in gruppo, ma non c’è nulla che sostituisca la pratica dell’ascolto del corpo, della sua saggezza innata, che ci parla dei suoi bisogni e del suo stato momento per momento. Spesso ci risulta difficile decifrare i suoi segnali, abituati come siamo a cercare risposte prima ancora di aver ascoltato le domande, o semplicemente a ignorare il corpo perché presi nel vortice di emozioni soverchianti o assorbiti nei compiti da portare a termine. Il mindful eating ci aiuta a ricollegarci alla nostra dimensione corporea sviluppando fiducia nei feedback che riusciamo a cogliere - e diventiamo via via sempre più precisi nel cogliere le sfumature nelle risposte del corpo. Ci aiuta anche ad accettare ciò che cogliamo, senza giudizio e con gentilezza, imparando a prenderci cura di ciò che c’è, a prescindere da come è. Il mindful eating ci fornisce perciò gli strumenti per accogliere e riconoscere noi stessi attraverso il nostro rapporto con il cibo e con il corpo, per una relazione più profonda e autentica con noi stessi.